CONOSCERE LA POVERTA’ PER AIUTARE CHI NE E’ VITTIMA
Adulti e bambini in fila alla mensa dei poveri, Senza Dimora scaricati e poi dimessi dai Pronto Soccorso, l’indigenza che aumenta vorticosamente. Un quadro a tinte sempre più fosche in cui l’Italia assume un crescente ruolo di primo piano. Prendendo spunto da studi e rapporti a carattere nazionale cercheremo di avere una visione oggettiva e precisa della povertà anche e soprattutto a livello locale.
Un'iniziativa nell’intento di comprendere una realtà che troppo spesso soltanto immaginiamo e a cui troppo spesso non sappiamo dare risposta, una risposta urgente, giusta, fraterna e solidale che invece è nel nostro sentire, nella nostra coscienza, nel nostro essere.
Non solo cibo, con i Senza Mangiare stiamoci a tavola insieme
Sarebbe un errore circoscrivere la realtà dei Senza Dimora nell’ambito del disagio e/o rifiuto esistenziale.
Sarebbe un errore pensare i Senza Dimora
come aspetti marginali della società, perlopiù riconducibili a problematiche
psicologiche e relazionali. Sarebbe un errore pensare che pacchi alimentari e
mense dei poveri possano risolvere i bisogni dei Senza Mangiare, che il problema dei Senza Mangiare sia solo un problema di approvvigionamento e
consumo di generi alimentari. Che sia solo un problema di risorse economiche e
di logistica distributiva. E’ed è sempre di più un problema di emarginazione di
messa ai margini, di condanna alla solitudine. Un deficit acuto di relazionalità, una ghettizzazione che si può però combattere con un aiuto solidale da
parte di chi è più fortunato ma soprattutto, per non cadere nella semplice
filantropia, avendo una quadro chiaro del fenomeno per sapere come, dove e
quando intervenire.
Ecco allora che diventa preziosa un’indagine, tratta da LE POVERTÀ E L’INCLUSIONE SOCIALE IN TOSCANA SESTO RAPPORTO 2022, della Regione Toscana, pubblicata su https://www.regione.toscana.it/documents/10180/13843813/VI+rapp+poverta22-web-III.pdf/549770da-a815-e31f-8dca-64365f152f31?t=1677161676793
che aiuta soprattutto a riaccendere la luce sulla marginalità grave, quella di coloro che non hanno un lavoro, né una casa e per i quali le mense sono, spesso, l’unica possibilità di consumare almeno un pasto completo al giorno. La povertà grave non è scomparsa: è sempre lì dov’era prima del biennio dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Con gli stessi aspetti di complessa mutiproblematicità in cui alla deprivazione economica e materiale, si sommano la fragilità relazionale e condizioni di salute spesso precarie. Nel capito 8 dell’indagine, avente per titolo “Fragilità diverse alla stessa tavola Le mense come strumento di contrasto alla povertà alimentare” si sottolinea come l’ondata multipla di crisi economiche e sociali rischi di lasciare nell’ombra e nella solitudine coloro che ai margini vivono da tempo. Almeno per quanto riguarda la povertà alimentare, l’indagine ci racconta che la loro condizione non è peggiorata con la pandemia: il 66% degli intervistati ha detto che nei due anni dell’emergenza sanitaria la loro situazione d’insicurezza alimentare non si è acuita. Difficile scivolare più in basso: mangiavano alle mense e dormivano dove capitava: quando andava bene in qualche asilo notturno, altrimenti in una casa occupata o in una sistemazione di fortuna. Era così prima e lo è adesso.
Le mense Caritas offrono un pasto completo e cura e sostegno, non richiedono quasi alcun criterio d’accesso e sono facilmente raggiungibili. Ma la capacità di rispondere in modo tempestivo e adeguato ai bisogni alimentari dei più vulnerabili sembra quasi finire con l’innescare una pericolosa spirale di isolamento in cui questi servizi rischiano di rimanere ai margini della rete dei servizi sociali di contrasto della povertà grave. Esclusi con gli esclusi. Emblematiche le modalità con cui gli ospiti hanno saputo delle mense: non per i servizi di segretariato e orientamento, ma con il passaparola, reti di amici e conoscenti.
Il PNRR e i 450 milioni destinati al finanziamento, al riguardo, costituiscono un’opportunità da non sprecare per riportare questi servizi al centro delle reti di contrasto dell’alta marginalità. La sfida vera è prestare maggiore attenzione alla dimensione relazionale. La commensalità legata al cibo, infatti, rimane un valore anche per chi vive in strada. Non è la capacità di stare in relazione con i più fragili che fa difetto agli operatori e ai volontari Caritas. Mancano, spesso, gli spazi in cui coltivarla, spazi fruibili o locali in cui organizzare attività ricreative quale occasione per tessere nuovi legami.
(Continua nella pagine PDF qui di seguito)
Senza Dimora: i risultati dell’indagine della Regione Toscana
La Regione Toscana -Direzione Sanità, Welfare e Coesione sociale Settore Welfare e Innovazione sociale- e l’Osservatorio Sociale Regionale hanno pubblicato il Sesto Rapporto 2022 “Le povertà e l’inclusione sociale in Toscana”. Nel solco tracciato dai precedenti rapporti anche in questo si pone l’attenzione sulle situazioni di disagio, anche estremo, attraverso indagini ad hoc che danno visibilità a coloro che di norma ne hanno poca: i beneficiari delle misure di supporto, le persone che vivono nella marginalità. E sempre più ai margini della società, sempre più in numero crescente e sempre più drammaticamente in evoluzione appare la realtà dei Senza Dimora. Una realtà che, per il suo alto grado di complessità, mostra i limiti dell’azione degli enti preposti ad affrontarla e mostra come i bisogni di queste persone richiedano anche una visione e un intervento improntati alla solidarietà umana.
Il Rapporto, facendo sintesi di quanto emerso dalle interviste a medici, infermieri e OSS di Pronto Soccorso, inquadra il problema dal punto di vista sanitario e burocratico ma al tempo stesso mostra le criticità di un sistema che si ferma a metà strada. Il supporto di cui si abbisogna per i Senza Dimora è un supporto articolato e multilivello, capace di operare sul contesto sociale, ambientale e relazionale in cui la persona si vuole (re-)inserire. Un supporto che deve porsi nell’ambito di una scelta informata e consapevole e quanto più possibile nel rispetto dell’autodeterminazione del singolo anche per modalità e tempistiche. E’ importante quindi riconoscere e attrezzarsi per gestire le difficoltà relazionali: innanzitutto nei confronti del paziente, in particolar modo come persona segnata da una storia clinica e personale complessa. Allora prendendo consapevolezza della difficoltà e lentezza dei percorsi di costruzione della fiducia e delle possibili dissonanze emotive; ma anche nei confronti delle figure professionali afferenti all’ambito sanitario e all’ambito sociale chiamate a intervenire. La persona portatrice di bisogni così complessi deve essere al centro in tutte le sue dimensioni (fisica, psichica e relazionale), non solo nei momenti (e nei luoghi) dell’emergenza. Non può essere il Pronto Soccorso il punto di entrata e di uscita da questa problematica. Gli strumenti della medicina d’urgenza e i ritmi del Pronto Soccorso rendono gli interventi dei sanitari poco efficaci in termini di cura, privi della necessaria continuità e incerti nell’esito della presa in carico. I temi della mancata prevenzione, della cronicizzazione di patologie altrimenti curabili o comunque monitorabili non sono risolvibili con la medicina d’urgenza e tantomeno lo sono i problemi psicologici e quelli legati al contesto sociale che il Senza Dimora vive.
Di seguito, nelle pagine in PDF COME CURARSI NELLA MARGINALITA' riportiamo stralci del rapporto pubblicato su https://www.regione.toscana.it/documents/10180/13843813/VI+rapp+poverta22-web-III.pdf/549770da-a815-e31f-8dca-64365f152f31?t=1677161676793